Immagina un mondo dove, per fermare i ladri, mettiamo telecamere ovunque… anche nel tuo bagno. Sì, proprio lì, dove pensavi di essere al sicuro da occhi indiscreti. Ecco, il nuovo trattato sulla criminalità informatica adottato dall’ONU suona un po’ così.
Dopo tre anni di negoziati che hanno visto diplomatici discutere animatamente tra un caffè e l’altro (perché sappiamo tutti che il vero lavoro diplomatico avviene davanti a una tazzina di caffè), l’ONU ha tirato fuori questo trattato con l’obiettivo nobile di combattere i cattivoni della rete: dai trafficanti di dati ai distributori di immagini di abusi su minori. “Finalmente!” direte voi, ma aspetta, c’è il trucco.
Il trattato entrerà in vigore solo quando almeno 40 paesi membri avranno deciso che sì, vogliono anche loro dare una sbirciatina in più nei nostri dati. Ma c’è chi non è proprio entusiasta, come gli attivisti per i diritti umani, che si sono già messi il casco da battaglia. Hanno lanciato l’allarme: “Attenti, qui si rischia di trasformare il mondo intero in un reality show permanente, con tutti noi come protagonisti involontari!”
Perché? Perché il trattato, con la scusa di combattere il crimine, potrebbe aprire la porta a una sorveglianza globale. Praticamente, mentre cerchi di fermare i ladri di dati, potresti trovarti con la polizia che ti guarda scrivere la lista della spesa. Non è proprio il sogno di tutti.
In pratica, è come se per combattere le zanzare estive, decidessimo di fare un barbecue permanente nel salotto. E mentre alcuni governi già festeggiano questo nuovo strumento come la soluzione a tutti i mali del cyberspazio, altri temono che stiamo costruendo una macchina che, una volta avviata, sarà difficile fermare.
Insomma, benvenuti nel futuro della sicurezza informatica, dove per tenere fuori i criminali, rischiamo di finire tutti sotto osservazione. Sarà un grande fratello? Solo il tempo (e le telecamere) ce lo diranno.
Fonti: Tgcom24, La Stampa, Red Hot Cyber.