Secondo le indiscrezioni, a giorni potrebbe essere lanciato il motore di ricerca che si basa sull’intelligenza artificiale generativa di Open AI. Creato il dominio search.chatgpt.com 

(FILES) This illustration picture shows icons of Google's AI (Artificial Intelligence) app BardAI (or ChatBot) (C-L), OpenAI's app ChatGPT (C-R) and other AI apps on a smartphone screen in Oslo, on July 12, 2023. Hundreds of staff at ChatGPT's parent company OpenAI have signed a letter threatening to leave the tech firm unless "all current board members resign," according to US media reports on November 20, 2023. (Photo by OLIVIER MORIN / AFP)

Google siede indisturbato sul trono dei motori di ricerca da ormai quasi vent’anni. La sua fetta di mercato si aggira attorno al 90 per cento, nessuno è mai riuscita a scalfirla. Ma ora potrebbe essere in arrivo un nuovo concorrente, che potrebbe trasformarsi nella più grande minaccia al suo regno, nonché alla sua principale fonte di introiti. Secondo alcune indiscrezioni Open AI sarebbe pronta a lanciare il suo motore di ricerca, basato su ChatGpt. E non succederà tra mesi, ma entro pochi giorni. Guarda caso – se dovesse essere vero – proprio nel periodo in cui Google mette in scena io suo evento più importante dell’anno, la conferenza degli sviluppatori I/O in programma  il 14 maggio dove la voce più importante dell’ordine del giorno sara ovviamente l’intelligenza artificiale generativa. Se le indiscrezioni saranno confermate, questo annuncio si tradurrebbe in un vero e proprio guanto di sfida alla supremazia di Big G. Sfida, la cui vittoria non è così scontata.

Il dominio

Il 3 maggio il forum «Hacker News» ha notato la creazione del dominio «search.chatgpt.com» tra i certificati SSL di ChatGpt, protocollo che ne autenticizza l’identità e la sicurezza. Al momento all’indirizzo non corrisponde nessuna piattaforma – viene fuori la classica scritta «not found» – ma le voci su un imminente approdo di Open AI nel mercato dei motori di ricerca di susseguono da tempo. Il sito The Information ne parlava già a febbraio. Il dominio può voler dire tante cose: potrebbe essere usato come strumento interno, per la ricerca, oppure la sua certificazione può essere un modo per assicurarsi che quel dominio – magari un giorno utile – rimanga nelle mani dell’azienda e non venga usato da un’altra società. Terza opzione: sarà l’indirizzo del prossimo avversario di Google.

Come potrebbe essere il motore di ricerca di ChatGpt

Un motore di ricerca basato su ChatGpt sarebbe molto simile a quello che già possiamo sperimentare su Bing, il motore di ricerca di Microsoft che è stato arricchito con Copilot, chatbot che tra l’altro sfrutta proprio i modelli di linguaggio di Open AI. Possiamo immaginare che, nella motore di ricerca di ChatGpt, ci sarà molto spazio dedicato alle risposte generate dal chatbot, con una serie di link di approfondimento che potrebbero essere utili al lettore. Quanto saranno utili dipenderà dalla correttezza e dall’esaustività delle risposte compilate dall’intelligenza artificiale. Un precedente esiste già: si chiama Perplexity ed è una AI impostata proprio come motore di ricerca creata da una startup su cui ha investito pesantemente Jeff Bezos. La trovano utile già 10 milioni di persone al mese ed è un bel caso da studiare soprattutto per Google. Se una piccola startup è riuscita a macinare questi numeri, cosa potrebbe fare un colosso come Open AI? Comunque, la stessa Google è consapevole che l’era dei motori di ricerca così come li conosciamo oggi sta per finire e sta integrando il suo Gemini nei risultati: possiamo attenderci ulteriori novità proprio all’appuntamento del 14 maggio con la conferenza I/O. 

La pressione sugli ingegneri

Ancora una volta, Open AI potrebbe dare un’accelerata imprevista a tutto il settore. Lo ha già fatto, nel novembre 2022, con il lancio di ChatGpt. Tutti i colossi stavano lavorando a modelli di intelligenza artificiale generativa, nessuno era pronto a diffonderlo tra il pubblico. La corsa per tenere testa a Open AI non si è ancora fermata, tanto che si susseguono continue proposte di nuove funzionalità e nuovi strumenti. Secondo un’inchiesta della Cnbc la situazione sta diventando insostenibile soprattutto per gli ingegneri che lavorano sui modelli di AI, a cui vengono richiesti turni di lavoro impossibili mandandoli sempre più spesso in burnout. E la situazione è la stessa a Google, Microsoft, Amazon e Apple. Ma anche nelle più piccole aziende e startup. Il problema è che anche l’andamento dei titoli di queste società ormai dipende dalla loro strategia su questa tecnologia. E dunque spesso ci si lancia a una rincorsa ai rivali che è più una dimostrazione agli investitori che una vera e propria nuova funzionalità che potrà essere utle agli utenti. La pressione su chi, con gli algoritmi, ci lavora è diventata insostenibile, raccontano gli ingegneri. 

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